Ritorna di nuovo la nostra rubrica dedicata ai coach del Milano3 Basket. Questa volta abbiamo intervistato un coach al primo anno nel nostro mondo biancorosso, ma Stefano De Rivo, in questi colori, ci è nato dentro….
Milano3 Basket.com ha incontrato l’altro assistant coach della C Gold Stefano De Rivo. Oltre a questo ruolo, De Rivo è anche il coach dell’Under 14. Abbiamo parlato con lui chiedendo aneddoti e curiosità sulla sua passione cestistica a tutto tondo.
Come ti sei avvicinato al mondo della pallacanestro?
«Sono nato “dentro” la pallacanestro, sono del 1976, dagli anni ’70 a fine anni ’90 mia mamma e mio papà lavoravano per l’Olimpia Milano e vivevamo nella mitica sede di via Caltanissetta 3 a Milano. Non mi sono avvicinato alla pallacanestro, ci sono nato dentro».
Quali sono i modelli a cui ti ispiri ?
«Da giocatore e da allenatore l’idolo di sempre è Mike D’Antoni, sia per la sua bravura in campo che in panchina, ma avendolo conosciuto anche di persona posso anche dire per la sua grandezza umana».
Cosa significa per te il Milano3 Basket?
«E’ un mondo che per me significa libertà. Libertà di allenare e di essere me stesso».
Qual é stato il momento più emozionante e quello più brutto nella tua carriera da allenatore?
«Nella mia breve carriera da allenatore, il momento più emozionante è sempre la prima volta che alleno un gruppo, sia che alleni un gruppo under o un gruppo senior. Non ci sono momenti brutti, direi magari momenti difficili».
Quali sono gli insegnamenti aldilà della tecnica che vuoi trasmettere alla squadra ?
«Oltre alla tecnica ai ragazzi cerco di insegnar loro che il tempo è prezioso, se decidono di investire delle ore nel basket, non vanno sprecate. Cerco di spiegare che le ore che sono in palestra non le passano con i loro cari, di tenerlo ben presente e di conseguenza di non sprecare neanche un secondo».
Hai mai pensato di farlo a livello professionistico ?
«Non ho mai saputo cosa fare nella vita, ma quando ho preso la decisione di seguire il percorso di allenatore, l’obiettivo che mi sono prefissato è proprio quello di raggiungere un livello professionistico. Vediamo se riuscirò, ma il tempo stringe».
La differenza più evidente tra assistente e giocatore?
«La più grande differenza tra giocatore e allenatore sono le emozioni che si provano. Quando giocavo le emozioni erano tantissime, dal fare un canestro al rubare un pallone…
Da allenatore le emozioni sono minori, ma di intensità decisamente superiore. Passano dalla felicità per una partita vinta, a un qualcosa di più intenso ovvero l’aver creato una profonda amicizia con i ragazzi che ho allenato.
Quando riesci a rimanere in equilibrio tra la figura di allenatore/istruttore e quella di normale “uomo” dove apri le porte per una sincera amicizia, a quel punto vivi un basket ricco di emozioni. Gioia, dolore, tensioni positive, momenti di difficoltà che vengono superati con il supporto dell’uno con l’altro. In poche parole si diventa una famiglia e per me la famiglia è felicità».
Squadra del cuore?
«Tifo da sempre l’Olimpia Milano, non poteva essere altrimenti».
Lorenzo Lubrano