20 anni dopo: lo scudetto è ancora biancorosso. L’epopea del gruppo del 1983

Un ricordo indelebile, un’emozione speciale, un orgoglio di cui andare fieri. Tanti modi per ricordare quel che portò a fa diventare la piccola Milano3 Basket Campione d’Italia. Le favole di solito iniziano con “c’era una volta” e quel gruppo di adolescenti di 17 anni ha trasformato un sogno in realtà.

Il nostro responsabile tecnico Sandro Pugliese, vent’anni fa, faceva parte di quella squadra che ha raggiunto il tricolore. Questo il racconto (un po’ lungo, ma vale la pena di leggerlo sino in fondo) di quell’avventura che parte molto lontano…

C’era una volta una squadra di bimbi che frequentava la scuola elementare di un piccolo comune dell’hinterland milanese. Le famiglie cercavano uno sport sano che potesse aiutare i loro piccolini a muoversi imparando le regole della convivenza e della collaborazione. Basiglio si stava trasformando sempre di più, Milano3 era realtà, una città-giardino a due passi da Milano. C’era un presidente (Carlo Filabelli) innamorato di questo sport che provava a far nascere un’attività sul territorio. Scatta la scintilla, nel 1989 i bimbi dell’83 vanno in prima elementare, non sanno ancora che saranno tra i protagonisti di questa bella favola.
Mattia Picco, Massimo Nigrone, Sandro Pugliese e Valerio Derencin sono gli “originals”.
Piano piano si aggiungono tutti i componenti di un gruppo che sin dal minibasket dimostra di essere speciale, ai tempi delle elementari arrivano anche Luca Carezzano, appena trasferitosi a vivere a Milano3, e Gabriele Bassi che ci ha sempre fatto impazzire quando lo affrontavamo contro Rozzano, come Davide Mauri, di un anno più piccolo, di Lacchiarella.
Il nucleo storico è fondato in campo, ma anche sugli spalti perché quando si fa sport, se non ci sono genitori speciali dietro non si va da nessuna parte.
E invece i biancorossi vanno in giro per la Lombardia a mietere successi combinando scuola e sport perché sapersi organizzare è la chiave di tutto in campo e sui libri. Arrivano sempre in finale, ma poi si fermano sempre. Tenetelo a mente.
Ci può stare, una “squadretta” di paese arriva dove può, può fare qualche colpaccio, ma poi si schianta sempre con le super potenze delle giovanili di Serie A. A quei tempi il settore giovanile si faceva ancora per davvero, l’Italia era piena di “foresterie”, si reclutava su tutto il territorio. Noi arrivavamo fino in fondo, poi l’Olimpia Milano vinceva la finale.
Succede ad Under13 e Under14 con Riccardo Mascheroni in panchina, poi nell’anno del passaggio alla 1^ Liceo cambia qualcosa. Una visione, un sogno. Accontentarsi non basta più pensano Filabelli e Dario Carezzano che oltre ad essere il papà di Luca, porta tutta la sua esperienza di gioco in panchina.
Perché non provare a fare di più ora che i campionati arrivano fino alla fase nazionale?
Arriva anche Davide Perini, un giovanotto di belle speranze che abita a Milano in zona via Bazzi, qui vicino, In panchina arriva Massimo Bisin, un leone con un obiettivo ben chiaro, che si porta dietro dalla sua esperienza di Arese un talento sregolato come Gabriele Rocca.
Il primo allenamento ci spaventiamo, forse non siamo pronti ad uno che ci tratta da grandi. In fondo noi siamo solo un gruppo di amici che gioca insieme fin dalle Elementari pur raggiungendo risultati importanti. Il basket è la nostra passione, ma insieme giochiamo pure a calcio, usciamo la sera, andiamo a scuola, non siamo li per fare i professionisti.
E invece è questa la svolta perché il lavoro che fa Bisin è qualcosa di speciale, ci aiuta a crescere in campo e fuori, capiamo che solo noi siamo gli artefici del nostro destino, si crea un’atmosfera magica, questa volta spacchiamo in due anche l’Olimpia, vinciamo il titolo lombardo, ma poi quel maledetto 2° posto torna a fare capolino.
39 vittorie su 39, prima di fermarsi in finale, ancora una volta, in questo caso contro Livorno. Il sogno sembra interrompersi.
L’annata successiva è complessa, arrivano un po’ di ragazzi da Pavia (Paolo Colucci, Stefano Degrada e Felice Mimmi) e uno da Abbiategrasso (Alessandro Cislaghi), ma si gioca sottoetà di un anno perché nel frattempo la categoria diventa U17. Anche qui è la “visione” che fa la differenza, il gruppo rimane unito si lavora un anno per essere pronti all’appuntamento l’anno successivo.
Agosto 1999 inizia la stagione, si è aggiunto anche Fabrizio Carta, Maurizio Ingala aiuta Bisin in panchina, Andrea Molina è il nostro giovane preparatore fisico, l’obiettivo è ben chiaro, siamo una “Squadretta”, ma con la S maiuscola e abbiamo imparato a pensare un po’ più in grande. Noi a giocare di nuovo “quella” partita decisiva ci vogliamo tornare e non vogliamo più sbagliare. Tra l’altro è l’ultima stagione in cui si giocano due tempi da 20 minuti e le azioni possono durare 30 secondi. Dalla stagione successiva il nostro basket non sarà più lo stesso avvicinandosi molto nella struttura a quello NBA.
Il percorso è trascinante, in Lombardia non perdiamo neanche una partita, ci togliamo anche lo sfizio di giocare contro Lebron James al torneo Rizzi di Varese. Battiamo tutti e arriviamo in finale contro il Team Ohio, ma Lebron James ha dominato il basket mondiale degli ultimi vent’anni, noi facciamo gli “impiegati” in ufficio. 2° posto. Quando si dice che dalle sconfitte certe volte si impara più che da alcune vittorie è proprio vero. Il ko con Livorno è il carburante che alimenta ogni nostro allenamento, ma all’Interzona arriva anche una sconfitta con Reggio Emila. Ci qualifichiamo comunque, ma capiamo che non siamo infallibili e dunque bisogna fare di più. Arriviamo a Salsomaggiore, giugno 2000, Finali Nazionali. Con noi c’è anche il nostro fidato massaggiatore Rocco Cirò, un personaggio mitologico, e Gianni Picco che è il papà di Mattia e ci fa da dirigente accompagnatore.
Il destino è strano, vinciamo contro Roma, ma perdiamo un po’ a sorpresa con Verona. Indovinate contro chi è la sfida per passare il turno? Contro quella Livorno che due anni prima ci aveva tolto il nostro sogno. E indovinate come finisce? Spazzati via, perché non ci vogliamo più fermare.
Quarti di finale contro Varese, semifinale contro la Fortitudo Bologna di un “mostruoso” Stefano Mancinelli. Finisce 59-58, “Mancio” chiude con 25 punti e 25 rimbalzi, ma vinciamo noi. Siamo in missione.
18 giugno 2000, ci siamo tornati. La palla a due della finale per lo scudetto è alzata dall’arbitro Ciano di Pisa. Si gioca contro la Benetton Treviso, la cui prima squadra ha vinto la Coppa Italia e giocato la finale di Serie A. Noi facciamo la C2.
Nel primo tempo siamo spauriti, non riusciamo ad attaccare la zona trevigiana, chiudiamo a -6. 2° posto, come al solito, lo spettro è lì che aleggia nel palazzetto in cui ogni fine estate, ai tempi, si tiene l’elezione di Miss Italia.
Il nostro “leone” Massimo Bisin si deve inventare qualcosa, i discorsi classici da coach non bastano più, in tasca ha un bigliettino con scritto “bisogna avere coraggio”, sa già che sarà la sua ultima partita con un gruppo a cui ha succhiato l’anima tre anni per arrivare a giocare questo secondo tempo. Rimane nel segreto dello spogliatoio quel che ci ha detto, ma è stata solo una frase, neanche 5 secondi, poi sbatte la porta e se ne va. Ora tocca a noi, vincere o “morire”.
Parziale di 18-1 in 10’. Non c’è altro da dire, la Benetton è schiantata, il tabellone al 40’ dice 68-52. Il Milano3 Basket è campione d’Italia.
“C’era una volta…” è diventato realtà.

Sandro Pugliese

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