Basketball Without Borders raccontato da Sandro Pugliese: “Un’esperienza fantastica”

Basketball Without Borders

Milano ha ospitato il Basketball Without Borders dal 1 al 4 giugno 2022. I 62 migliori talenti europei, ragazzi e ragazze, provenienti da ben 24 paesi diversi, si sono riuniti nel capoluogo lombardo per quattro giornate all’insegna della pallacanestro.

In merito al BWB abbiamo intervistato Sandro Pugliese, capo allenatore della Serie C Gold nonché dell’Under19 Eccellenza, che all’evento ha partecipato in qualità di allenatore ed ha avuto la possibilità di osservare da vicino i ragazzi.

Il Basketball Without Borders ha portato i 62 migliori talenti europei qui a Milano. Tu, Sandro, hai avuto l’opportunità di vederli in azione da vicino. Cosa hai appreso da questa esperienza da poter utilizzare nel tuo ruolo di allenatore qui a Milano3?

“Poter allenare ragazzi così promettenti è stata certamente una grande occasione per migliorarsi. La cosa che mi ha colpito di più del modo di impostare gli esercizi dei coach americani è la costante ricerca della modalità di far tirare ogni giocatore coinvolto nell’esercizio. Da noi, in ogni esercizio contro zero, si tende ad usare un solo pallone. Loro ne usano molti di più raddoppiando o triplicando il numero di tiri che ogni giocatore può fare. Quasi come a dire: “Ad un certo uno impara per forza a fare canestro”.

Giovedì 2 giugno, coach Taylor Jenkins, capo allenatore dei Memphis Grizzlies, ha tenuto un clinic in cui sottolineava l’importanza di riproporre lo stesso esercizio a diversi livelli di difficoltà, partendo da un ritmo più blando fino ad arrivare ad una situazione simile ad una partita. Anche tu abbracci la stessa filosofia quando alleni? 

“Questa è un’altra cosa che mi ha colpito. Noi cerchiamo quasi sempre di avere massima intensità in tutti gli esercizi. Loro partono da situazioni quasi camminate, come per memorizzare il movimento, fino ad arrivare a situazioni di massima intensità. Se lo fanno in NBA è la strada giusta, ma ovviamente la quantità di tempo a disposizione in palestra è infinitamente più alta dei tre soli allenamenti settimanali che abbiamo noi”.

Oltre ai 62 prospetti, il BWB ha anche portato una marea di osservatori delle diverse squadre NBA, il che sottolinea come questo evento sia stato un momento di divertimento ma anche un’occasione per impressionare gli scout ed agevolare il proprio futuro da professionista. È un aspetto che tocchi con i tuoi ragazzi, che cerchi di trattare, quello della pallacanestro dei professionisti?

“Onestamente no. Nel senso, è bellissimo sognare e fantasticare di riuscire un giorno a vincere un anello in NBA, ma poi c’è anche la realtà che dice che in Italia è solo un bellissimo hobby da praticare, a meno che uno non sia un campione. L’impegno e le regole che chiediamo sul campo da gioco devono servire più per diventare “campioni” nella vita. Poi che noi cerchiamo di farlo a livello più alto possibile, che siamo in palestra tutti i giorni e cerchiamo sempre di migliorarci fa parte tutto dello stesso discorso. Il basket è una scuola di vita”.

In questi giorni abbiamo visto scendere in campo dei ragazzi che assomigliano molto e già a dei professionisti. Rappresentano l’esempio lampante di eccellenze prodotte da società e club di livello altrettanto alto, ma proprio perché il nome dell’evento è “Basketball Without Borders”, non si può non considerare l’altra faccia della medaglia, quelle società meno rinomate che agiscono soprattutto a livello locale. Viste le chiare difficoltà che molte di queste società attraversano, quale credi possa essere un primo passo per aiutarle?

“In Italia il problema principale è davvero l’impiantistica, sia proprio per la mancanza di palestre, sia per i fondi che servono per pagare i campi. Se buona parte di quei budget potessero essere investiti per migliorare la qualità del lavoro ci sarebbe davvero una grande crescita”. 

Al BWB hanno partecipato ragazzi e ragazze da 24 paesi diversi, un indizio di come la globalizzazione abbia avuto effetto anche sulla pallacanestro, favorendone il suo sviluppo su scala globale. In base all’esperienza che continui a maturare a 360 gradi nel mondo della pallacanestro, come credi sia cambiato il basket nel corso degli anni?

“Penso che il basket sia davvero lo sport più diffuso nel mondo, anche se purtroppo in Italia siamo molto calcio-centrici e non ce ne rendiamo conto fino in fondo. La NBA è il simbolo di quanto la pallacanestro sia conosciuta in tutto il pianeta. Nel nostro piccolo stiamo ripartendo dopo le difficoltà del Covid e i risultati delle iscrizioni parlano di tanti nuovi bimbi innamorati del basket”.

Chiudiamo con la domanda più attesa. Il Gallo, anche recentemente, ha parlato più volte di un ritorno in serie A a fine carriera con l’Olimpia Milano. Ma perché non un ritorno a Milano3?

“Ah, perché non ha sempre detto anche questo? Ossia, torno a Milano, vinco l’Eurolega e poi mi dedico a Milano3. Ovviamente no, ma ci accontentiamo di tutte le volte che torna a farci visita per allenarsi d’estate sul campo in cui fu protagonista da bambino. E’ sempre una grande soddisfazione”.

Gabriele Melina

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