Siamo già nel pieno dell’estate, ma la passione per il basket dei nostri coach non conosce davvero limiti. Così nella prima decina di giorni del mese coach Luca Rustioni insieme al nostro responsabile Sandro Pugliese hanno viaggiato fino a Malaga per andare a vedere i più fulgidi talenti Under17 impegnati nei campionati mondiali. Una bellissima esperienza che ha permesso ai nostri allenatori di tornare con alcune indicazioni interessanti. Visto che non è una cosa che capita tutti i giorni abbiamo sentito il nostro “Pif” per farci raccontare quali sono le cose che lo hanno colpito di più.
Che tipo di esperienza è stata?
È stata un’esperienza interessante e spettacolare. È bello, per noi che alleniamo i ragazzi, andare a vedere quel che c’è di meglio sulla faccia sulla terra relativo alle età che poi troviamo in palestra tutti i giorni. È la seconda occasione, mi era già capitato a Dubai nel 2014, è certamente stimolante provare ad immaginare chi di questi possa fare, magari tra 6-7 anni, la finale NBA. Ai tempi vedemmo dal vivo un giovanissimo Jayson Tatum, a giugno lo abbiamo visto in TV giocarsi il titolo al più alto livello possibile.
Quale livello di gioco hai trovato?
Secondo me altissimo, forse addirittura di più rispetto a quello visto 8 anni fa. Certo, poi c’è da valutare quando questi ragazzi si scontreranno con giocatori più esperti, dove non basterà fisico ed esuberanza. Mi ha colpito, però, che tanti ragazzi avevano anche una base tecnica molto avanzata. Un livello a metà tra la Serie A e la Serie A2 italiana, per intenderci, solo che questi erano tutti ragazzi del 2005 e del 2006.
Al di là dei soliti americani, quale nazionale ti ha colpito di più?
Anche un po’ con invidia posso dire che la Spagna è davvero impressionante. Oltre che qualità atletiche e fisiche, mi hanno colpito per la grande tecnica e le conoscenze tattiche. Forse a giocare “puramente” a pallacanestro sono i più forti, poi certamente gli USA sovrastano dal punto di vista fisico e diventano i più forti. In realtà anche Francia e Serbia mi hanno colpito, però soprattutto per le individualità. Rispetto al solito da parte loro mi aspettava qualcosa di più a livello di squadra.
C’è un qualcosa di quel che hai visto che ti piacerebbe che anche i nostri ragazzi del Milano3 facessero meglio per migliorare il loro livello?
Il tiro con l’idea di fare canestro. È troppo importante nel basket odierno fare canestro da fuori. Vedendo le fasi finali l’obiettivo che hanno questi ragazzi è quello di fare un movimento, un passaggio, un taglio, qualsiasi cosa che sia finalizzata alla costruzione di un buon tiro.
Poi l’esecuzione anche delle cose semplici come meglio non si potrebbe, stando molto attenti ai dettagli. Abbiamo visto diversi “dai e vai” ad esempio. Sembra un gioco elementare, ma immarcabile se fatto con i tempi giusti.
Nel 2014 a Dubai non c’era solo Tatum, ma ad esempio anche Jamal Murray e tanti altri campioni da “bambini”, ora fai 5 nomi di giocatori che secondo te potrebbero percorrere un cammino simile o quantomeno diventare protagonisti in Europa.
Dagli Stati Uniti sono rimasto molto colpito da Cooper Flagg (l’americano nella foto) fin dalle prime fasi. In finale ha fatto una prova straordinaria con 10 punti, 17 rimbalzi, 8 recuperi, 4 stoppate e 2 assist. E’ un ragazzo del dicembre 2006, ma già oltre i due metri seppur in crescita. Può giocare in 3 ruoli, è dinamico e tatticamente intelligente.
Per gli USA faccio altre menzioni con Peat che è addirittura del 2007, Knox, Holland e Newell: partono da un aspetto fisico già impressionante, se aggiungeranno continuità e tecnica al loro gioco davvero potranno arrivare in alto.
Come detto, però, la Spagna mi è piaciuta molto e faccio tre nomi su tutti: Aday Mara 220 cm e 16 anni di Saragozza, ma si muove come un giocatore forte ed esperto, vicino al ferro, ma senza disdegnare il tiro. Lucas Langarita (lo spagnolo nella foto), una guardia che sa fare tutto, con atletismo fuori dal normale, più di una volta è andata a schiacciare a difesa schierata senza alcun timore, anche lui gioca a Saragozza. Poi c’era il playmaker piccolino di Badalona (180 cm), Conrad Martinez ha tutto per fare in modo che la sua altezza non diventi un limite. Un cervello fuori dal comune.
Per la Francia Alexandre Sarr, 213 cm che gioca come un esterno: tira da 3, attacca il ferro, vola a rimbalzo. Gioca già in America con la squadra Overtime Elite.
Infine non posso non nominare l’MVP del torneo anche è stata una scelta particolare quella dello spagnolo Izan Almansa, anche lui già negli USA con Overtime. Mi ha ricordato Kyle Hines, giocatore intelligente, capace di fare tutte quelle cose che appaiono poco, ma fondamentali. Presenza a rimbalzo, canestri in momenti importanti, difese su più ruoli, sa passare la palla ed ha raggio di tiro.