Per tutti i tifosi del Milano3 Basket, ritorna l’appuntamento con la rubrica “On The Bench” dedicata ai nostri allenatori. Oggi è il turno di Marco Villa, responsabile del settore minibasket e coach del supergruppo che partecipa a Prima Divisione e U18 Regionale. Ai nostri microfoni si è raccontato così.

Come nasce la passione per questo sport?
“Ho iniziato a giocare a pallacanestro per puro caso, grazie ad alcuni miei amici che mi hanno portato in palestra. E’ negli anni ’90 che la passione per questo sport è cresciuta a dismisura, sotto il segno dei Chicago Bulls di Michael Jordan”.

Raccontaci il tuo ruolo come responsabile del Minibasket
“Quando Sandro Pugliese mi ha proposto di diventare responsabile Minibasket non stavo più nella pelle. Ho ricoperto questo ruolo in altre due società del milanese, ma qui è diverso. Abbiamo due centri già avviati, un bellissimo e numeroso staff di istruttori e tanti progetti per il futuro. Ovviamente quest’anno non è facile visto che, praticamente ci siamo allenati solo 3 settimane, oltre al lavoro estivo. ma sono certo che quando potremo tornare in palestra saremo più numerosi e motivati di prima. C’è un ambiente frizzante e stimolante, disponiamo di strutture e mezzi non comuni, di istruttori talentuosi, con un’organizzazione efficiente. Sono certo che ci si prospetta davanti un futuro ricco di grandi soddisfazioni. Credo fermamente che il lavoro del settore Minibasket sia importantissimo per una società del nostro livello. Vorrei che dai settori di Milano3 ed Assago, uscissero ragazzi che sappiano stare in palestra, preparati sul campo e umanamente ad affrontare al meglio il loro percorso di settore giovanile”.

Da coach dei “grandi”, invece, quali sono i modelli a cui ti ispiri?
“Credo che ogni allenatore rifletta nel suo modo di fare pallacanestro e di gestire un gruppo il suo modo di essere. La ricerca di un continuo miglioramento nel mio lavoro coincide con una perpetua crescita dal punto di vista personale e tecnico. Dal punto di vista umano apprezzo molto la figura di Phil Jackson ed il modo con cui sapeva gestire le diverse situazioni. Invece, dal punto di vista tecnico sono stato influenzato dalle idee di Pete Carril e dalle versioni “moderne” di Princeton Offense proposte da David Blatt al Maccabi Tel Aviv e da Rick Adelman a Sacramento, l’idea di un sistema fluido e automatico, molto riconoscibile, in cui i giocatori si trovino a memoria e possano esprimere al meglio il proprio talento.

Cosa rappresenta per te il Milano3 Basket?
“Un grandissimo stimolo, dopo tanti anni ho voluto cogliere l’occasione di abbandonare un contesto che rappresentava la mia comfort zone e rimettermi in discussione, ho trovato una società ben organizzata che funziona bene e soprattutto ho trovato brave persone, con tanta passione e voglia di crescere ancora insieme”.

Il momento più bello e quello più brutto da allenatore?
“Il momento più bello è quello in cui senti che qualcosa sta nascendo. Il primo che mi viene in mente accade proprio al PalaBasiglio in un torneo off-season. Gruppo ’98, fine categoria esordienti, venivamo da due pesanti sconfitte con Treviglio e Bernareggio nei concentramenti Minibasket. Era il primo anno per me con questa squadra e percepivo una certa reciproca diffidenza. Dopo qualche settimana partecipiamo a questo torneo ed arriviamo in finale proprio con Milano3. Vinciamo al secondo supplementare una partita bellissima, una di quelle in cui senti dal primo minuto che ogni difesa ed ogni attacco sono decisivi, una di quelle partite che finisci disidratato. Eravamo tutti concentrati, tutti con la testa nel parquet, si sentiva serpeggiare tra di noi un’energia particolare, qualcosa che capisci solo se la vivi. Seguiranno anni di grandi soddisfazioni, in cui non abbiamo fatto altro che custodire gelosamente tutti insieme quell’energia. Il momento più brutto nella vita di un allenatore è quando senti che quell’energia si è dispersa, devi saperlo riconoscere e soprattutto saperlo accettare”.

La squadra del cuore?
“Tifo per ogni squadra che cerchi di proporre qualcosa che mi diverta, provando a giocare una pallacanestro che mi piaccia. Nei playoffs NBA più recenti i Warriors di Kerr, i Celtics di Stevens e gli Heat di Spoelstra mi hanno fatto saltare sul divano”.

Quali sono gli insegnamenti che vuoi dare ai tuoi ragazzi oltre la tecnica?
“Credo che il valore e l’insegnamento più importante che il nostro sport possa dare ad un ragazzo al giorno d’oggi sia quello di saper stare in un gruppo, rispettarne le regole ma anche le eccezioni e capirne le specificità. Ottenere il rispetto dei compagni, trovando il proprio posto all’interno dello spogliatoio e del campo”.

Lorenzo Lubrano

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