On The Bench: coach Luca Rustioni

Secondo appuntamento con la rubrica dedicata agli allenatori del Milano3 Basket. Abbiamo parlato con i coach delle giovanili chiedendo loro aneddoti e curiosità sulla loro passione per la palla a spicchi. Questa volta tocca a Luca “Pif” Rustioni, avversario per una vita da giocatore, ma ormai colonna insostituibile del nostro staff dal 2012.

Come ti sei avvicinato al mondo della pallacanestro?
“E’ stato grazie a mio papà. Nonostante giocasse a calcio, cominciò a partire dalla fine anni ’80, come tutti i pavesi a seguire ed ad appassionarsi alla Annabella Pavia. La passione è aumentata quando nel 1989 iniziai a giocare nel minibasket dell’allora Fernet Branca dove militava il mitico Oscar Schmidt”.

Come allenatore quali sono i modelli a cui ti ispiri?
“ Non c’è un allenatore in particolare a cui mi ispiro. Cerco sempre di prendere spunto da tutti quelli che ritengo essere bravi che vedo in giro o in tv. Se devo sceglierne uno sicuramente ho preso tanto da coach “Pat” Baldiraghi, mio storico allenatore delle giovanili, cerco comunque di apprendere e imparare da tutti quelli con cui ho lavorato, lavoro o lavorerò in futuro”.

Cosa significa per te il Milano3 Basket?
“Prima di tutto star bene, ovviamente con bene intendo prima di tutto l’aspetto cestistico di questa famiglia. In questa società si ha la fortuna di fare pallacanestro nel miglior modo possibile, al limite della professionalità.
Le persone di cui è composta la nostra “Big Family” non fanno altro che rendere poi ancora più piacevole e irrinunciabile la permanenza al PalaBasiglio”.

Qual é stato il momento più emozionante e quello più brutto nella tua carriera da allenatore?
“Di momenti belli ed emozionanti per fortuna ne ho avuti parecchi coi miei ragazzi, in particolare sono tre quelli che ricordo con maggiore affetto. Il primo in ordine temporale è sicuramente la vittoria del titolo regionale lombardo ottenuta con il G.S. San Martino Siccomario, squadra composta da quindici ragazzini provenienti da due paesini in provincia di Pavia dove battemmo alle finali due corazzate come la Casalpusterlengo di Federico Gallinari e il Pentabasket Brescia che era una fusione di cinque società cestistiche bresciane. La seconda grande emozione della mia carriera è sicuramente la vittoria coi 96/97 del titolo regionale Under19 Elite, arrivata dopo una finale al cardiopalma conquistata dopo un supplementare contro la favorita e padrona di casa Legnano. Ultima in ordine temporale il successo ottenuto nella stagione 17/18 del campionato di serie D con un gruppo di ragazzi tutti ovviamente “Under” che dominano la finale contro Voghera. Purtroppo insieme ai molti bei momenti ne abbiamo anche qualche negativo da ricordare: Il primo durante l’interzona di La Spezia coi 98/99 contro Vigodarzere che ci ha bloccato l’ accesso alle Final Four nazionali. Il secondo maturato alle finali nazionali di Vicenza con l’eliminazione del gruppo 96/97 arrivata al 45′ contro la Pescara di Timperi (che ora gioca in Serie A2) dopo il +16 di metà terzo quarto.”

La tua squadra del cuore?
“ La Pavia di Oscar, quella degli anni in B1 e poi in A2.”

La differenza più evidente tra allenatore e giocatore?
“Sicuramente giocare è più divertente che allenare. Fare il coach però, ti permette di lavorare molto di più con la testa, che con il fisico. Ti dirò che stare in palestra ore e ore coi nostri giovani mi diverte e mi fa sentire ancora ragazzo. Quello che non cambia sono le emozioni che ti suscita un campo con due canestri e una palla a spicchi.”

Quali sono gli insegnamenti, aldilà della tecnica, che vuoi trasmettere ai tuoi ragazzi?
“Ai ragazzi spero di lasciare una piccola cosa per ognuno di essi. Vorrei che si trasmettese in loro il mio amore per questo sport; che imparino grazie alla pallacanestro a pretendere il meglio per loro stessi e per chi gli sta intorno, facendo quindi tutto il possibile e anche qualcosa in più per ottenere ciò. Diventando così persone migliori, più intelligenti e coscienziose.”

Lorenzo Lubrano

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